Mauro Decarli e il giardino delle anime sospese.

“ Sguardi plasmati in eterno nella materia mi scrutano. Prima di partire devo raccontare loro di un uomo e del suo respiro

Nel “giardino delle anime sospese” (come lo chiamavo io, anche se era il giardino di casa sua ), Mauro mi raccontava di come sviluppava un’idea, un progetto, un volto che lui solo poteva intuire. Sapeva benissimo che intendevo ritrarlo durante l’atto creativo, e Allora io mi allontanavo da lui e iniziavo a sbirciarlo con fotografica curiosità , cercando di respirare il suo stesso sentire. Dimenticandosi di me, Mauro si abbandonava a una profonda passeggiata emotiva, nel mondo che lui stesso aveva concepito. Come un bimbo che tenta di donare il soffio vitale ai propri giochi, Mauro inscenava una sensoriale e onirica discussione fatta di sguardi e di silenzi, con il luogo e con quelle figure immobili, sospese nel tempo, ma silenziosamente urlanti.

Lo osservavo muoversi serenamente, mentre io mi sentivo sempre più un mero spettatore che cerca di sorprendere il proprio eroe in un particolare momento. Non ricordo nemmeno come si concludessero le giornate lì, nel suo giardino. Ricordo che tutte le volte che andavo a trovarlo era come se il tempo, interrotto dal nostro precedente salutarci, riprendesse il conteggio nell’istante stesso in cui ci rincontravamo. Ad ogni nuovo incontro, Mauro era diverso. A giorni, i suoi occhi blu erano due vivide galassie in ebollizione, come se la carica vitale della sua anima fosse in grado di scardinare gli aspetti più grigi del quotidiano vivere. Altri giorni, gli occhi erano segnati da toni scuri, segno di profonde e laceranti battaglie interiori. L’ultima volta che lo rividi il suo aspetto era stanco, ma energicamente vivo nello spirito, Lo intuii dai suoi occhi, perchè Erano vividi fendenti nella luce, come supernove in procinto di esplodere, malgrado il male oscuro non lo avrebbe più lasciato. Gli promisi che avremmo realizzato insieme un progetto in video, perché volevo che adesso fosse lui a parlare, e non più le sue opere. Era entusiasta, e lo ero anch’io. Purtroppo il male strinse la morsa sulla sua vita e non ebbi modo di salutarlo. Mesi dopo, venni a sapere che lui non faceva più parte di questo mondo. Nell’istante stesso in cui appresi la notizia, una prima immagine, forse latente da tempo nella camera oscura della mia mente, creò uno squarcio tra i miei pensieri. Era una foto che gli avevo fatto durante quei giorni di lavoro insieme. Un immagine dal tono un po’ sacrale. La silhouette di un uomo riflessa su di uno specchio d’acqua, rivelata da un raggio di sole accecante, quasi mistico, che varcando la soglia delle nubi, volle svelarmi l’aura di Mauro in tutto il suo fulgore.

Lì, su quello specchio d’acqua, la vita si sublimò.

A Mauro De Carli.

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