Il cielo plumbeo é uggioso . Treno regionale per Venezia da Bassano del Grappa. Attraversiamo campagne umide e stazioni di transito rese tali, grazie ai nomi impressi in grandi cartelli blu e pensiline di attesa per la gente dei paesi vicini. Vecchie motrici e macchine di manovra stazionano inermi nei loro binari, donando un tocco di colore in tutto questo grigiume. Ogni stazione un nome mai sentito. Luoghi di passaggio che forse non vedrò mai ( trebaseleghe – Salzano Robegano … ).
A venezia Mestre, si intravede una grande nave da crociera in cantiere. Finalmente La laguna , visione sempre emozionante per chi come me, vive in zone di montagna.
Venezia Santa Lucia: Ci rendiamo conto che malgrado non sia alta stagione, di turismo ce nè eccome. Ci dirigiamo verso i servizi igienici, e già qui bisogna fare la fila. Supero il gate a pagamento per accedere al bagno, e un uomo e una donna che lavorano al controllo degli ingressi nei servizi, a cui chiedo se è sempre così, mi rispondono che non ho ancora visto nulla. Tra un mese, sarà una vera invasione. Ci muoviamo verso l’uscita della stazione e subito salta agli occhi una bolgia frenetica di turisti con mappe, biglietti e smartphone in mano, traghetti, vaporetti , gondole, motoscafi, il tutto in un carnevalesco tumulto umano.
Ci muoviamo a piedi verso l’interno, la Serenissima conserva intatto tutto il proprio fascino, ma in questo momento mi rimembra una grossa insegna con su scritto – OPEN BAR – con grandi luminarie incendiate. Mi soffermo a parlare con qualche veneziano che ha bottega nelle zone centrali perchè voglio capire come i nativi vivono la propria città. Un uomo che ha una propria attività da edicolante, a cui chiedo dove andrebbe a pranzare un veneziano doc mi risponde con un sorriso ironico – A casa nostra – . Anche una signora di una certa età ci riporta la stessa cosa. Inutile dire che i veneziani amano follemente la propria città, ma non nascondono che in certi periodi è difficile da vivere proprio per via del turismo di massa, turismo che dopotutto, porta lavoro per tutti o quasi. Ci salutiamo cortesemente e io e Zamira ci addentriamo verso le zone più lontane dal centro, dove la voce del popolo multitasking si affievolisce. Siamo in cerca di spazi vuoti e silenzi. Più ci addentriamo verso l’interno, più notiamo la presenza di panni stesi in aree vuote, tra un palazzo è un altro, testimoni di una umanità nascosta e pulsante, cui sono concessi spazi liberi solamente se lontani dalla gentile e necessaria invasione. Cerco di immaginarmi la Venezia di un tempo, e mi sembra di ritrovare una parte della sua antica anima tra le scolorite insegne di negozi, tavole calde, e vecchie segnaletiche, come quella che in un vicolo cita un ospedale. Finalmente il silenzio.
Dopo questo fortuito momento di ( bonaccia), ci dirigiamo verso Piazza San Marco, costeggiando il Molo e affrontando la turistica e ridente orda asiatica che sembra essere la più numerosa sulle altre etnie. Piazza San Marco è il festival internazionale della fotografia del Selfie. Tant’è, che ce ne facciamo uno anche noi, immersi nella marea dei pixel ci divertiamo ad osservare le facce delle persone che ci circondano. Sorrisi e fotografie dappertutto, anche qualcuno che si lamenta con la propria moglie. Da piazza San Marco al Molo, sembra tutto un grande mercato fatto di Lingue, dialetti, suoni e idiomi di ogni genere, mancano solo le bancarelle. Mi viene da pensare che sulla Serenissima, si siano riversati tutti i popoli visitati da Marco Polo durante il suo viaggio verso oriente. Il Canale di San Marco con l’isola di San Giorgio come sfondo è stupefacente, prendo un po di scatti. Dopo un pò di sole, che aveva fatto capolino verso mezzogiorno, il tempo peggiora. Decidiamo di muovere verso la stazione e rientrare. Nel tragitto di ritorno, riesco a fotografare qualche gondola con a bordo famiglie di turisti dai volti apparentemente perplessi, forse non sanno nemmeno su cosa stiano viaggiando, penso tra me e me. La gondola, simbolo di Venezia, non suscita più il fascino di una volta, almeno per me. Sono attratto dalle persone, è quelle poche che abbiamo incontrato, si sono dimostrate gentilissime, loquaci e disponibili a raccontarci qualcosa. Piove pesantemente adesso. Un vero è proprio nubifragio. I vicoli si vuotano e i negozi di vario genere e bar si riempiono di gente. Ci fermiamo per un caffè e scaldarci un pò poi, verso il treno per casa. Mi rimangono in mente i vicoli e i panni stesi lontani dal centro, come fossero zone di frontiera contro un occidente troppo civilizzato. Non vedo l’ora di tornare a Venezia per scoprirlo… alla prossima.